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"Le cose più importanti nella vita delle persone sono i loro sogni e le loro speranze,

ciò che hanno realizzato e pure quello che hanno perduto"

 

Memorie

Perchè via 20 settembre

 

Era il 20 settembre 1870  quando a Matera si festeggiava, come ogni anno, Sant'Eustachio ovvero il Santo patrono. La processione partiva dalla Cattedrale con un gran corteo di fedeli e con la presenza di tutte le confraternite della Città ed era presieduto dal Vicario Generale poiché il Vescovo riservava la sua presenza alla festa della Madonna della Bruna.

Per questa ragione Mons. don Cesare Bronzini, allora Vicario Generale, si incamminò con un certo anticipo uscendo dalla sua abitazione di via Sette Dolori 10, e si recò nel Duomo per dare avvio alla processione.
Indossati i paramenti di rito e recitate le preghiere della tradizione,  strinse forte in mano una grande candela e, con il popolo festante, dette inizio al corteo religioso.

Mentre fervevano i preparativi delle festa del Santo il fratello di don Cesare, che qualche tempo prima aveva lasciato il palazzo di famiglia e viveva nella casa dotale di sua moglie Camilla Andriulli in via Duomo, si apprestava ad aprire la piccola sede delle poste in Piazza del Sedile. Infatti Domenico Bronzini aveva avuto da poco tempo l'appalto dei servizi postali. L'ufficio era collocato in una piccola stanza e l'unico segno visibile delle funzioni era la stazione ricevente e trasmittente del cosiddetto telegrafo morse.

I fratelli Cesare e Domenico Bronzini erano persone di grande qualità e godevano della stima della gente, ma erano profondamente divisi sulle idee e sulle scelte politiche. Facevano vagamente ricordare, in piccolo, le storie  dei guelfi e dei ghibellini. 

Infatti Cesare, anche per il suo ruolo e la sua fedeltà alla chiesa, era un convinto difensore del potere temporale del Papa, mentre Domenico, legato alle simpatie garibaldine, inseguiva il sogno dell'unità d'Italia.

Quel giorno, era il 20 settembre 1870,  risuonò forte sotto l'arco della Porta di "suso" il suono della piccola banda. Le confraternite, con i loro labari e le loro insegne, scesero lungo la via Duomo ed infine sotto l'arco apparve la figura di Mons. Vicario con la candela in mano.

In un mondo ovattato dove le notizie giungevano con grande difficoltà,  mentre la processione scendeva per raggiungere la piazza, Domenico riceveva un messaggio e con cura lo riportava ben visibile su un foglio di carta. Il telegrafo morse in quel momento aveva dato la notizia che i Bersaglieri avevano aperto un varco a Porta Pia e Roma era stata conquistata.
Domenico era felice: l'Italia era finalmente unita e la capitale era Roma! Uscì dal piccolo ufficio postale tenendo stretto in mano il messaggio e con pazienza aspettò che scorresse la processione di Sant' Eustachio.

Passarono le numerose confraternite con le variopinte insegne, passarono i sacerdoti e i canonici della Curia, e finalmente giunse il fratello Vicario con la candela accesa. Domenico con un balzo si avvicinò a Cesare, gli spense la fiamma della candela e agitando il foglio di carta gridò: "abbiamo preso Roma!". 

Questo è il racconto del 20 settembre 1870 come da me appreso tra quelli che in famiglia venivano tramandati.
A quei tempi infatti non c'erano giornali né altri mezzi di comunicazione  e, specie le piccole storie come questa, non trovavano possibilità di essere rievocate rimanendo confinate nel ricordo di qualche famigliare.

Ma erano veramente piccole quelle storie? 

No, perché erano tasselli di una storia più grande, che aveva riempito di idee e di entusiasmi tanti giovani e tante persone che con convinzione hanno lottato: dai trecento di Sapri ai mille di Garibaldi, dal telegrafista Pentasuglia al gruppo di Corleto Perticara, da Giacinto Albini a Mario Pagano, solo per fare qualche esempio.

Allora, leggendo questa breve storia quando attraversiamo VIA 20 SETTEMBRE fermiamoci un momento a riflettere su cosa ci ha detto e ci dice quella data.

 

Michele De Ruggieri
(Socio fondatore del Circolo La Scaletta)

 

  

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