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 "L'arte che si sottrae al flusso perenne per divenire forma,
è ciò che opponiamo alle tentazioni del caos"


Dietro le quinte

Pier Paolo Pasolini e i “Fatti di Masolino e Masaccio”

 

Per celebrare il centenario della nascita di Pasolini, la Fondazione Zetema di Matera e il Circolo Culturale La Scaletta, il 5 marzo 2022 hanno organizzato presso l’Open Space Basilicata del Palazzo dell’Annunziata di Matera, l'evento “In anticipo sulla vita vera. Il cinema di Pier Paolo Pasolini” , una conversazione tra il regista e sceneggiatore Giuseppe G. Stasi ed il critico cinematografico Ivan Moliterni.
Nell’occasione, il talentuoso regista materano (che in coppia con l’altro regista materano Giancarlo Fontana, ha curato la regia e il montaggio di film di grande successo come “Metti la nonna in freezer” e “Bentornato Presidente”) ha rilasciato una breve intervista al curatore dei Quaderni, Edoardo Delle Donne.
Di seguito la trascrizione di Valentina Zattoni.


Delle Donne:

«Un giovane Pasolini, nel 1941-’42 segue, all’Università di Bologna, le lezioni di Roberto Longhi uno dei più importanti storici dell’arte del Novecento italiano. Ne rimane talmente affascinato da immaginare di diventare uno storico dell’arte. La realtà non sarà questa, come sappiamo, ma quelle lezioni  rimarranno talmente  impresse nella sua memoria, da condizionare poi la sua vita artistica ed alcune, tra le scene più importanti, dei suoi film. Giuseppe, tu cosa pensi di questo rapporto di Pier Paolo Pasolini con la grande pittura?».
Stasi:
«
Il Pasolini divenuto regista, scopre che la poesia e la letteratura gli stavano strette; la sua competenza era tale e "polididattica" da non poter essere contenuta ed espressa solo in un testo scritto. Egli concretizzò "l'opera totale" il Gesamtkunstwerk, concetto di ispirazione tedesca (teorizzato dallo scrittore e filosofo K. F. E. Trahndorff) risalente a Wagner, e nei suoi film non si ispirò ad altri registi, come accade ora, ma alla pittura.
Per esempio, in Mamma Roma nella scena del matrimonio del pappone, i convitati sono disposti come nell' Ultima cena di Leonardo Da Vinci, un'immagine che è un topos per l’epoca. Ma prima di Leonardo c’era stato Masaccio. Sempre nello stesso film, il figlio di Mamma Roma quando viene incarcerato e legato al tavolo di legno in galera, ricorda il Cristo morto del Mantegna. Pasolini poteva dunque rifarsi solo alla pittura per trarre ispirazione, come d'altra parte avevano fatto i suoi coevi Orson Welles, Fellini, Visconti e così via.
Utilizzò inquadrature "masaccesche" che davano un certo rigore alla scena. Non era un regista, venne scaricato dalla casa di produzione di Fellini perchè il materiale di Accattone non fu considerato all'altezza! Non si sentiva regista e si affidava a collaboratori, che gli traducessero in immagini ciò che desiderava.
Affidarsi a Masaccio significava potersi orientare nel costruire la geografia di una scena che per un regista è il momento più complesso, perché non si tratta solo di dirigere gli attori nella loro recitazione ma farli vivere in un ambiente che sia per loro familiare, costruendo un mondo parallelo che in realtà non esiste dove questi devono sentirsi a proprio agio.
Quindi Pasolini, per affrontare questo problema, si rifaceva a queste trovate, a queste prospettive, a quei colori come nel film La Ricotta dove è evidente il riferimento a Giorgione e alla pittura rinascimentale, film girato in bianco e nero tranne che per le scene a colori che sono dei veri e propri tableau vivant.  
Inquadrature e scelte tecniche che dimostrano come Pasolini fosse “avanti” rispetto ai contemporanei anticipando soluzioni e accorgimenti rispetto ad “Effetto notte” di Truffaut o “Boris”.
Pasolini racconta di un set sgangherato che sembra proprio uno dei set di “Boris”. Il Pasolini regista, in realtà, era il Pasolini che sarebbe voluto diventare un pittore, un critico dell’arte e che, in alcune occasioni, disegnò gli storyboard dei film.
Il cinema concede a chi non sa maneggiare le forme d’arte tradizionali la possibilità di esserne comunque all’altezza».
Delle Donne:
«A tal proposito in una scena del Decameron, egli impersona un allievo di Giotto, giusto?».

Stasi:
«No, no, proprio Giotto!
Mi viene in mente anche che nei “Racconti di Canterbury” ambientato nel 1300, ricostruì l’inferno, in chiave medioevale, basandosi sui quadri di Bosch e sulla pittura fiamminga più in generale.
In questo senso il cinema di Pasolini poteva attingere solo a quelle esperienze visive che riusciva ad avere uno della sua generazione. Inventò delle inquadrature particolari, ovvero primi piani con del vuoto intorno che, oggi, si usano tantissimo, ma che all’epoca vennero considerate un’eresia.
Oppure l’uso della macchina “a mano”, ritenuto, ai suoi tempi, un espediente da cinegiornale, cioè un genere minore, e invece utilizzata in un modo unico, come nessuno altro seppe mai fare per la sensibilità, per la scelta di cosa inquadrare e come equilibrarlo rispetto al resto; insomma, un tipico atteggiamento da pittore che conferiva molta più poesia in quelle immagini che in una pagina scritta, che a lui stava stretta.
Pasolini diceva che “la sceneggiatura è una forma che vuole essere altra forma”, rendendosi conto che poteva costituire solo un bozza che si sarebbe evoluta nello sviluppo del film, infatti le sue sceneggiature erano prive di fronzoli e molto semplici».

Delle Donne:
«In chiusura, vorrei chiederti se, secondo te, oggi la grande pittura suggestiona ancora i registi contemporanei?».

Stasi:
«Credo ci sia innanzitutto un abuso di Hopper, a cui per esempio si è rifatto Dario Argento in “Profondo rosso”.
Nel mio lavoro sono tenuto a presentare tutte le reference di ciò che verrà utilizzato nel film, come le gamme cromatiche e devo ammettere che si fa davvero eccessivo riferimento a certi autori. Ultimamente io mi sono concentrato, invece, sui fotografi.
Altro abuso, è quello fatto dell’opera di Caravaggio, da cui credo, occorra smarcarsi in qualche modo. C’è stato un periodo in cui si giravano solo film sul Medioevo, adesso si è ripreso con il genere western, qui quale tipo di influenza pittorica si può avere?!
Oggi sono gli scenografi quelli che attingono maggiormente alla pittura, e dipende anche dal progetto che si ha in mente.
Purtroppo il cinema sta scomparendo e forse gli unici baluardi della sala sono i cinecomics, un universo non pittorico ma grafico».

Delle Donne:
«Ma sai che il fumetto può essere in fondo considerato l’evoluzione dell’affresco? I grandi cicli di affreschi erano dei veri e propri racconti che avevano anche una funzione istruttiva».

Stasi:
«Certo, è verissimo! Il fumetto è stato considerato un genere minore, ma tra le storie più belle che siano state scritte oltre a Batman, c’è per esempio Asterix di una complessità drammaturgica altissima».

Delle Donne:
«Giuseppe, grazie per questa stimolante conversazione che ci ha permesso di conoscere aspetti davvero interessanti dell’opera di Pier Paolo Pasolini.»  

 

ppp

 Giuseppe G. Stasi – Pier Paolo Pasolini - Tecnica mista, 2022

 

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